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L’arte dell’impiattamento per Michelasso

Il primo assaggio è sempre con gli occhi. La sensazione visiva di un piatto è importante, quasi quanto il suo sapore. Così l’impiattamento diventa una promessa fatta a chi assaporerà quel piatto.

Un’esperienza gustativa che parte dagli occhi

Pensiamo alla nostra quotidianità. Il cibo non viene mai presentato o servito isolatamente: arriva sempre in un contenitore, in un piatto o in una confezione usa e getta.

È con i piatti che nasce l'idea che il cibo debba essere presentato nel modo più attraente possibile e che la presentazione, dalla scelta del piatto stesso alla disposizione spaziale dei colori e degli ingredienti, diventa a pieno titolo parte essenziale di un’esperienza a tutto tondo che coinvolge il commensale.

L’interesse degli chef, del pubblico e dei media riguardo le fotografie meravigliose di piatti è dimostrato dalle migliaia di immagini pubblicate sui social media (soprattutto Instagram).

Inoltre è probabile che presentare il cibo in un modo invece che in un altro influisca anche su tutte e tre le componenti chiave del piacere, come identificate dal premio Nobel Daniel Kahneman nel suo lavoro sulla psicologia edonica: i piaceri dell'aspettativa, dell'esperienza e della memoria.

In altre parole, l’impiattamento gourmet non è un vezzo stilistico dello chef, ma una componente importante di un'esperienza culinaria multisensoriale.

Il piatto come cornice su cui esprimersi

Un ruolo centrale è quello del piatto (inteso come recipiente), che ha smesso di essere semplice contenitore e cornice decorativa per diventare la tela su cui gli chef possono esprimersi.

Armonia, equilibrio e attrazione rendono alcune presentazioni di cibo più seducenti di altre. Se, come dice l'espressione popolare, "mangiamo con gli occhi", allora anche la presentazione visiva del cibo può rivelarsi ricca e importante, quasi quanto le qualità sensoriali del cibo stesso, in termini di determinazione delle aspettative, dell'esperienza e del ricordo di un piatto.

Quindi, al giorno d'oggi impiattare è molto di più che guarnire semplicemente un piatto con un rametto di prezzemolo fresco o aggiungere un contorno. Dietro c’è un progetto visivo, un’architettura studiata e poi realizzata di volta in volta da menti aperte e da mani precise.

I tratti distintivi di Michelasso

I nostri chef selezionano con cura tutto ciò che fa parte della presentazione visiva di una ricetta, anche per creare un legame con la natura e, per questo, il tipo di ornamento cambia a seconda della stagione e dei cibi serviti.

Anche nell’impiattare è centrale l’originalità. I nostri chef selezionano e compongono le presentazioni dei cibi secondo la propria ispirazione individuale, e non semplicemente secondo codici preesistenti.

In molti casi possiamo avere una rottura con i codici tradizionali, che porta a una liberazione di nuove forme di impiattamento: con riferimenti ad altre arti e inventando nuove e proprie forme estetiche per impressionare, anche così, i nostri ospiti.

Ingredienti di stagione con un occhio di riguardo ai sapori naturali e, soprattutto, semplicità ed eleganza nel piatto.

Sobrietà delle linee, abbinata a una ricchezza di materie prime e gusto.

Un tocco molto delicato è necessario per portare il gusto nel piatto. Tutto va fatto con raffinatezza ed estro, ma non è fine a se stesso. È il modo con cui ci prendiamo cura di anticipare il piacere del palato, con quello della vista. E in alcuni casi, è anche un modo per sfidare le convenzioni su come il cibo può essere servito e mangiato.

Anche il nostro modo di impiattare è stato tra gli elementi che ha permesso a Michelasso di essere inserito nella prestigiosa Guida Ristoranti d’Italia 2022 del Gambero Rosso.

Nel salutarvi, vi lasciamo un aneddoto: il nostro chef Angelo Gravino ha frequentato il liceo artistico e l’Accademia delle belle arti. Cucina e arte sono un binomio prezioso della sua formazione.

Considero la cucina come pura arte. Mi sento come davanti ad un foglio bianco ogni singolo giorno.

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